Parola chiave: appalti truccati

In questi giorni sui giornali, nella più classica delle ondate di notizie, c’è una produzione continua e apparentemente senza fine di articoli su indagini e arresti della magistratura nell’ambito di gare d’appalto pubbliche, in tutta Italia:
A metà marzo, per citare qualcuna di queste notizie, sei persone sono state arrestate a Messina per turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio e corruzione riguardo gli appalti per realizzare l’autostrada Siracusa-Gela.
La corruzione non rappresenta unicamente un problema di violazione delle normative, la questione è ben più larga e ben più pericolosa: “Sono soldi sottratti ai lavori, sono rischio di uso di materiali scarsi e depotenziati, di controlli superficiali, di limitazione nella realizzazione delle opere” scrive il Gip di Messina nell’ordinanza di arresto del 13 marzo scorso nell’ambito delle indagini sugli appalti per l’autostrada Siracusa-Gela. “Alterare le gare d’appalto è minare la sopravvivenza delle imprese oneste” continua allargando il discorso non solo alla sicurezza dei cittadini ma anche alla sostenibilità economica delle imprese del territorio.

Materiali scadenti: chi appalta deve comunicarlo

La sentenza numero 14220 del 23 giugno scorso della Corte di Cassazione ribadisce un principio in ambito edilizio: a rispondere della scarsa qualità dell’opera realizzata è anche l’appaltatore se quest’ultimo accetta senza riserve il materiale scadente fornito dal committente.
Tale principio fornisce uno strumento di difesa più ampio a chi, ad esempio, acquista un immobile che si rivela successivamente fornito di vizi e difetti di costruzione. Sarebbe possibile, infatti, rivalersi non solo nei confronti del committente, ma anche in quelli dell’appaltatore. Allo stesso tempo, però, se il committente è un privato che vuole ristrutturare la propria abitazione, è consigliabile rivolgersi ad esperti edili per scegliere materiali di qualità e adatti all’opera da realizzare in modo che l’appaltatore non possa avanzare eccezioni allo scopo di liberarsi da qualsiasi responsabilità a lavori ultimati.
Secondo la sentenza della Cassazione, dunque, l’appaltatore ha il dovere di comunicare al committente le sue riserve nel caso in cui i materiali che gli sono stati forniti siano scadenti o inadatti al lavoro edile da realizzare. Nella sentenza, infatti, si legge che: “l’appaltatore risponde dei difetti dell’opera quando accetti senza riserve i materiali fornitigli dal committente, sebbene questi presentino vizi o difformità riconoscibili da un tecnico dell’arte o non siano adatti all’opera da eseguire ed i difetti denunziati dal committente derivino da quei vizi o da quella inidoneità (…). Egli, inoltre, è tenuto ad avvisare il committente che i materiali che questi gli abbia fornito, essendo di cattiva qualità o, comunque, inidonei rispetto all’opera commessagli, non siano tali da assicurare la buona riuscita di questa, con la conseguenza che, in difetto di tale avviso, non può eludere la responsabilità per i vizi dell’opera adducendo che i materiali erano difettosi”.
D’altra parte, il principio espresso dalla Corte di Cassazione è sancito dall’art. 1663 del Codice Civile, in base al quale “l’appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita se si scoprono nel corso dell’opera e possono compromettere la regolare esecuzione”. Quindi, l’appaltatore che accetta il materiale edile inadatto o scadente sia all’inizio dei lavori che durante il loro svolgimento è ritenuto anch’egli responsabile della scarsa qualità dell’opera compiuta.
La sentenza della Corte di Cassazione, inoltre, espone un altro aspetto legato alla responsabilità dell’appaltatore, che trova le sue origini nell’art. 1655 del Codice Civile in cui si legge: “l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”. In base a quest’ultimo articolo, se l’appaltatore non è in grado di sfruttare al meglio i materiali forniti dal committente (perché richiedono trattamenti con macchinari specifici o perché utilizzati per costruzioni edili particolari) deve comunicarlo al committente, pena la responsabilità della mancata riuscita dell’opera. Ciò anche se i materiali forniti siano privi di vizi o difetti. L’appaltatore, infatti, quando accetta l’incarico, deve organizzare i lavori con i propri mezzi che devono risultare idonei allo scopo.
Sempre la Cassazione ribadisce, infatti, che i principi sanciti dagli articoli 1655 e 1663 del Codice Civile “sono agevolmente estensibili alla diversa ipotesi in cui i materiali forniti dal committente, sebbene né difettosi né inadatti, richiedano tuttavia per la loro corretta utilizzazione l’osservanza di una particolare procedura. Nota o non nota, questa deve comunque essere seguita dall’appaltatore, il quale ha l’obbligo di valutare previamente il materiale consegnatogli e, ove non l’abbia mai impiegato prima, di informarsi sulle sue caratteristiche intrinseche e sulle tecniche di applicazione che esso richieda, tecniche il cui eventuale apprendimento è a carico dell’appaltatore stesso ed è esigibile al pari del possesso delle ordinarie nozioni dell’arte”.